martedì 3 giugno 2008

LA DEMAGOGIA AL POTERE: STRAORDINARI,ICI,MUTUI

E' arrivata, puntuale, la prima raffica di provvedimenti "salva-Italia" del governo Berlusconi. Riunito simbolicamente a Napoli, il governo ha prodotto decreti e disegni di legge su alcune delle questioni che erano state al centro della campagna elettorale.
Si sono occupati della detassazione degli straordinari, dell'ICI, dei mutui bancari, della sicurezza e di altro.
La detassazione degli straordinari è centrale nella strategia governativa in merito alle relazioni industriali e come efficacemente sintetizza un articolista de «Il Sole - 24 ore»: "Se doveva essere il modo di rimediare al problema dei bassi salari, avrà probabilmente un'efficacia paragonabile a quella di un'aspirina per curare il cancro". Infatti la difesa dei salari non c'entra nulla. Si tratta di una forte misura di sostegno alle imprese che, per le sue conseguenze, impatterà sull'organizzazione e il rapporto di lavoro.
Vediamo in dettaglio il provvedimento: gli straordinari (e i premi di produttività) saranno d'ora in poi tassati con un'aliquota del 10% (invece dell'aliquota attuale che è progressiva e dunque incide di più sull'ora di straordinario che su quella di lavoro ordinario e che comunque è maggiore, sicuramente superiore al 30%). Il provvedimento inoltre riguarderà solo lavoratori con un reddito lordo annuo non superiore ai 30.000 euro (e superiore agli 8.000 euro), esclude i dipendenti pubblici e avrà una durata, di sperimentazione, di sei mesi.
Nella sostanza l'aumento ipotetico del salario è: legato esclusivamente alla parte variabile del salario (extra-lavoro o aumento di produttività); limitato ad una parte dei lavoratori; più consistente per la fascia medio-alta dei salari (quelli dai 27.500 ai 30.000 euro annui).
Questa misura che è pro-ciclica (cioè funziona solo quando l'economia va bene e non quando è debole), favorisce la produttività pro-capite, ma non ha nessun effetto su quella oraria. In "obsoleti" termini marxisti: l'aumento dell'orario di lavoro (perché di questo si tratta) determina un'aumento del plusvalore assoluto ma non di quello relativo.
L'interesse della Confindustria deriva tuttavia dal fatto - poco considerato - che un'ora di straordinario costa all'azienda molto meno di un'ora di lavoro normale, e anche il lavoratore percepisce di meno. E' stato calcolato che nel caso, ad esempio, di un lavoratore di IV livello, settore Commercio, il costo per l'azienda di un'ora di lavoro ordinario sia di 16,15 euro mentre quello di un'ora di lavoro straordinario solo di 11,64 euro. Per il lavoratore la retribuzione netta di un'ora di lavoro ordinario è 9,48 euro, mentre quella di un'ora di lavoro straordinario 5,60 euro. L'azienda dunque risparmia (incrementando gli straordinari) il 28% su ogni ora di lavoro, mentre il dipendente percepisce il 41% in meno rispetto alla retribuzione oraria normale.
Se, quindi, viene agevolato l'utilizzo del lavoro straordinario (defiscalizzando la sua retribuzione), si capisce quale bel regalo sia stato fatto alla Marcegaglia e ai suoi compari.
Ultime e non meno importanti implicazioni del provvedimento sono, evidentemente: l'aumento della flessibilità del lavoro; la disincentivazione a nuove assunzioni; l'aumento di importanza del salario variabile rispetto a quello fisso.
Se i primi due punti non richiedono spiegazioni, sul terzo è bene soffermarsi per illustrarne alcune implicazioni. E' chiaro che le voci del salario variabile (appunto straordinari e premi di produttività) sono oggetto di contrattazione a livello aziendale, sia per quanto riguarda la gestione (dei primi) che l'entità (dei secondi). Siamo quindi di fronte ad un potente strumento per svuotare di contenuti la contrattazione di primo livello (nazionale categoriale) a favore di quella di secondo livello (aziendale locale), che è proprio quello che a gran voce stanno chiedendo gli industriali da tempo, con l'appoggio delle forze politiche e il sostanziale placet dei sindacati confederali, preoccupati ormai solo di ottenere il monopolio della rappresentanza.
Veniamo ora all'abrogazione dell'ICI, già cavallo di battaglia di Berlusconi.
Due le considerazioni che si impongono:
- la prima è che il provvedimento non riguarda gli strati più disagiati della popolazione, alle prese con ben altri problemi (dagli affitti da strozzinaggio alla ricerca affannosa di un'abitazione) e che comunque pur escludendo seconde case, ville e abitazioni di lusso si basa su vecchie registrazioni catastali, che sottostimano la categoria delle abitazioni e che, spesso, non tengono conto della trasformazione di una vecchia bicocca in un appartamento di lusso o di quella di un casolare in una villa;
- la seconda è che gli stimati 2,2 miliardi di euro necessari a finanziare questo provvedimento (così come i 400 milioni di euro previsti come costo per la detassazione degli straordinari), per compensare le amministrazioni comunali private dell'entrata ICI, saranno drenati dalla riforma della pubblica amministrazione. E come? Siccome sappiamo che nel linguaggio del governo riforma vuol dire taglio, o con la perdita di servizi oppure bloccando i futuri rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici.
Insomma un bel specchietto per allodole dietro il quale si nasconde una tagliola.
Ma passiamo ora all'ultima pensata del genietto Tremonti: l'accordo con le banche per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile e la loro trasformazione a tasso fisso, bloccandoli al 2006.
E' noto che i mutui a tasso variabile hanno riscosso in passato grande successo, sono stati contratti da 3,2 milioni di famiglie su un totale di 3,5 milioni di contraenti (il 91%). E' altresì noto che l'andamento dell'economia e l'inflazione negli ultimi hanno portato le rate di rimborso mensili a livelli insostenibili per molte famiglie. L'accordo prevede, è vero, la rinegoziazione a tasso fisso, riportando il livello della rata a quello del 2006, ma prevede anche che la differenza tra la rata teorica (determinata dal tasso d'interesse crescente per l'inflazione) e quella bloccata a livello 2006 vada a costituire un altro debito che il contraente pagherà (sempre ratealmente, con un opportuno tasso d'interesse passivo) all'estinzione del mutuo. Insomma le banche non perdono un euro, mentre gli indebitati avranno sì un attimo di respiro, ma al prezzo di continuare a pagare per molto più tempo di quello previsto.
E dire che Tremonti in campagna elettorale tuonava contro lo strapotere delle banche e degli istituti finanziari ed ora dispensa favori agli amici banchieri...
Che cosa rimane da dire? Dell'opposizione "responsabile e costruttiva" del partito democratico ben poco. Non c'è, anche perché se avessero vinto le elezioni avrebbero fatto qualcosa di simile. Dei sindacati di Stato abbiamo già detto e del loro assenso di fatto: è in vista un "responsabile scambio" (ovvero un infame baratto) tra il monopolio della rappresentanza (che tagli fuori il fastidioso sindacalismo conflittuale) e qualunque boccone amaro Confindustria e Governo decidano di far inghiottire ai lavoratori.
E bocconi amari sembra che vogliano farcene ingoiare anche molti altri: dalla militarizzazione del territorio, all'ulteriore inasprimento delle misure repressive, alla costruzione di centrali nucleari e chi più ne ha, più ne metta.
L'unica via per uscire da questo stato di cose è riprendere le lotte e continuare mobilitarsi su obiettivi chiari e inequivocabili. I nostri sono:

- Per la cancellazione dell'accordo del 23 luglio 2007
- Contro lo smantellamento della contrattazione nazionale
- Per l'aumento generalizzato di salari e pensioni
- Per la difesa dell'ambiente e dei beni e servizi primari (sanità, istruzione e cultura, casa, telecomunicazioni, trasporti, risorse energetiche, acqua, alimenti genuini) affinché ne sia garantita a tutti l'accessibilità
- Per l'eliminazione del lavoro precario
- Per la sicurezza sul lavoro affidata al controllo diretto ed esclusivo dei lavoratori
- Per il rispetto della dignità dei lavoratori migranti e la loro totale equiparazione a quelli italiani
- Per l'eliminazione delle spese militari, il rientro delle truppe italiane all'estero, la chiusura delle basi
- Contro l'ingerenza e l'oscurantismo clericale e per la difesa delle libertà civili

SULLA DETASSAZIONE

La detassazione varata dal governo viene presentata come un rimedio al problema dei bassi salari, ma i conti parlano chiaro: la retribuzione netta di un’ora straordinaria è esattamente il 60% di quella di un’ora di lavoro ordinario. E anche il costo per l'azienda _ minore in proporzione. Perché non si chiede che vengano almeno pagate nello stesso modo?
Aldo Amoretti
E’ tempo di molti interventi a proposito di lavoro straordinario. Da molte parti viene sollecitata una misura di detassazione di modo che il povero Cipputi disponibile a lavorare oltre il normale si trovi un poco di soldini in più dentro la busta paga di ogni mese. Per taluni questa sarebbe la soluzione brillante al problema dei bassi salari. Le risposte di chi è contrario, specie dal fronte sindacale, sono imbarazzate.

E’ sorprendente che non si tiri fuori un argomento che io trovo importante e che è la ragione principale per la quale le imprese sollecitano tale soluzione: il lavoro straordinario paga meno e costa meno di quello ordinario. Quindi per le aziende c’è una convenienza doppia: è una flessibilità in più a minor costo. Più bello di così!

Molti restano stupefatti e scettici rispetto a questa affermazione perché è molto diffusa l’opinione contraria. Allora abbiamo fatto un po’ di conti su una situazione-tipo. Abbiamo preso come esempio il contratto del commercio assumendo il caso del quarto livello, cioè una figura centrale quale l’addetto/a alle vendite.

I conti del lavoro ordinario si fanno individuando la retribuzione annua come segue:

- retribuzione gabellare 9.257,52
- indennità di contingenza 6.290,64
- E.D.R. 24,84
- festività non godute (due) 99,83
- tredicesima mensilità 1.297,75
- quattordicesima mensilità 1.297,75
- trattamento di fine rapporto 1.353,21
- rivalutazione TFR (media 3 anni) 128,06
- fondo sanitario integrativo 120,00
- fondo previdenza complementare 283,16

TOTALE RETRIBUZIONE ANNUA 20.152,76

Diviso 1.639 ore lavorate nell’anno

RETRIBUZIONE DI UN’ORA ORDINARIA 12,34

Su questo importo l’azienda paga oneri sociali Inps e Inail per un importo di euro 3,81. Quindi un

costo orario del lavoro ordinario pari a euro 16,15

Il lavoratore, ipotizzando un monoreddito senza carichi familiari, pagherà un importo Irpef medio di euro 1,72 e subirà trattenute previdenziali per un importo medio di euro 1,14 , e quindi gli resteranno in tasca

NETTI euro 9,48 per ora ordinaria.

Può non risultare esattissimo il calcolo del TFR perch_ esso viene fatto a fine carriera sulla base di parametri soggetti a variazione.

Come abbiamo calcolato le ore effettivamente lavorate?
Quelle teoriche pari a 2.088, meno quelle mediamente non lavorate così suddivise:
- ferie 173
- festività 72
- riduzione orario ed ex festività 104
- assemblee e permessi sindacali 12
- malattie, infortuni, maternità (6,5%) 73
- formazione, permessi 626 7

Nel conto della retribuzione annua siamo stati prudenti perché non abbiamo considerato il premio annuo che sussiste nelle aziende dove si fa contrattazione decentrata o altre voci minori quali la mensa.

Il conto sul lavoro straordinario è molto più semplice.
Le tre voci della retribuzione mensile:

- retribuzione gabellare 771,46
- indennit_ di contingenza 542,22
- E.D.R. 2,07

Totale retribuzione mensile 1.297,75

Questa cifra si fraziona per il divisore convenzionale che è 168

Se ne ricava l’importo 7,72 sul quale va applicata la maggiorazione per lavoro straordinario del 15% (fino alla 48° ora perché oltre è il 20%). Se ne ricava che

RETRIBUZIONE DI UN’ORA STRAORDINARIA 8,88

Su questo l’azienda paga oneri pari a 2,75. Quindi

costo orario del lavoro straordinario pari a euro 11,64.

Il lavoratore a sua volta pagherà all’Inps il 9,49% pari a 1,00 euro e di Irpef l’aliquota marginale del 27% pari a euro 2,13 ed una addizionale pari a 0,15, per un totale di Euro 3,28 . Quindi gli resteranno in tasca

NETTI euro 5,60 per ora straordinaria.

La retribuzione netta di un’ora straordinaria (euro 5,60) è esattamente il 60% di quella di un’ora di lavoro ordinario (euro 9,48).

Quindi anche nel corso degli anni passati la protesta delle aziende che lamentavano un eccesso di contributi sociali sul lavoro straordinario non aveva fondamento, in ragione del suo costo complessivo che era comunque inferiore a quello ordinario. La loro richiesta è stata comunque accolta e gli oneri sociali sono stati parificati.

Adesso fanno mostra della loro sensibilità al tema della retribuzione netta che rimarrebbe comunque inferiore anche se gli togliamo le tasse. Mi sembra ragionevole porre la questione che paghino per il lavoro straordinario almeno quanto il lavoro ordinario. Per i lavoratori sarebbe un progresso pagare sullo straordinario l’equivalente dell’aliquota media e questo sarebbe un bel risparmio per lo Stato alla luce delle proposte che sono adesso in circolazione.

Perché i sindacati non sollevano la questione? Perch_ temono che si toglierebbe qualsiasi freno alla disponibilità dei lavoratori a lavorare oltre l’orario normale. Però, non ho mai visto situazioni dove si facciano ore straordinarie se non ce n’è l’esigenza e la convenienza per l’impresa. Se ne aumentasse il costo la convenienza sarebbe ridotta.

Differente può essere il discorso per i dipendenti pubblici per i quali in passato è esistita la consuetudine di attribuire ai lavoratori quote di straordinario che non venivano in realtà lavorate come maniera per mascherare aumenti della retribuzione. Ma ho l’impressione che questo sistema sia stato superato nella grande parte delle amministrazioni.

Mi sembra comunque un bene chiarire la realtà dei conti.