non si era ancora spento l'eco della tragedia della thissenkrupp, la rabbia e il cordoglio per i sette lavoratori morti bruciati, che una nuova tragedia, quella di marghera, ha riproposto crudamente la questione degli omicidi bianchi e degli incidenti sul lavoro.
le morti e le stragi sul lavoro sono un attributo strutturale di questo processo produttivo.
sono implicite e scontate. sono il prezzo da pagare alla logica del profitto. non è possibile immaginare lavoro "pulito" in una concezione delle attività produttive esasperata e malsana, dove il lavoratore è semplicemente un attrezzo o, al massimo, un macchinario un po' più complesso, del quale ci si prende cura solo nei termini di utilizzo spinto ad esaurimento (o alla rottura), convenienza e facilità di rimpiazzo.
marghera e la catena continua di incidenti mortali sul lavoro che si sono susseguiti, ci danno, purtroppo, ragione.
una bombola d'ossigeno vuota, un estintore scarico sono la metafora di questa situazione: contenitori vuoti esposti per abbellire una realtà cruda e devastante.
così come contenitori vuoti sono le leggi sulla sicurezza, i delegati che se ne dovrebbero occupare: inapplicabili le prime, impotenti (nel migliore dei casi) le seconde.semplici coperture alle condizioni impossibili in cui, molto spesso, si svolge il lavoro salariato nella società del profitto ad ogni costo.
così come un contenitore che si sta svuotando è quello della contrattazione collettiva di categoria.
l'ultima dimostrazione ne è la conclusione del contratto dei metalmeccanici: una manciata di euro (127 lordi) a fronte di una lotta durata mesi e mesi.
non è certo una gran cifra, considerando la perdita del potere d'acquisto del salario negli ultimi anni e il fatto che al netto diventeranno circa 90 euro. il problema sta nel fatto che questa cifra non corrisponde alla realtà.
i 127 euro, infatti, sono destinati ai lavoratori di quinto livello mentre la figura più numerosa è l'operaio di terzo livello che avrà 109 euro lordi e a regime.
infatti gli aumenti sono scaglionati: meno della metà è stato corrisposto a gennaio 2008 e circa un quarto rispettivamente a gennaio ed a settembre 2009. ma non basta, il padronato copre i 9 mesi di vacanza contrattuale del 2007 solo con una tantum di 267 euro ( che valgono una trentina di euro al mese a fronte di salari defalcati dagli scioperi), questa volta eguale per tutti, e, sopratutto, ottiene un prolungamento della validità del contratto da 24 a 30 mesi.
ma, aldilà dei miseri risultati raggiunti e nonostante la forte mobilitazione dei lavoratori, il percorso è chiaro: svuotare la contrattazione collettiva nazionale di ogni forza e di ogni significato a favore di contrattazioni aziendali, frammentando ulteriormente il residuo potere rivendicativo della classe operaia, separando le sorti dei settori più forti da quelli più deboli, indebolendone in definitiva ancora la solidarietà.
il terzo contenitore, sempre più vuoto, è la "mitica e combattiva"FIOM,che soggiace sempre più (ma c'erano dubbi?) agli ukaze confederali, alle mediazioni politiche e all'arroganza confindustriale.
risulta che questo pessimo contratto ( che tra l'altro contempla l'aumento dello straordinario consentito ed elude il problema del precariato) sia stato approvato dal comitato centrale della fiom con 103 sì,12 no e 5 astenuti.
ci chiediamo allora, che cosa è successo per portare la "ribelle"fiom che pochi mesi addietro si era spesa per il no nel corso del referendum sull'accordo sul welfare a parlare, per bocca del suo segretario generale, di "aspetti importanti e significativi , pur in presenza di elementi di sofferenza?"
è del tutto evidente che, dentro la cgil, si è lavorato con forza e determinazione a riportare a ragione i renitenti della fiom e che l'operazione è riuscita molto bene.
proprio nella vicenda del referendum sul welfare possiamo trovare i semi dell'attuale cedimento di Rinaldini e dei suoi. la fiom, infatti, aveva tentato di forzare su di un terreno politico generale avendo come sponda la sinistra dell'Unione e si era rotta le ossa proprio in questa vicenda perchè, nel mentre che denunciava che il referendum era truccato, ne accettava la dinamica e, soprattutto, le conseguenze.
chi non si ricorda, fra l'altro, la manifestazione del 20 ottobre 2007 che aveva visto decine di migliaia di lavoratori e di militanti chiedere all'unione di "applicare il proprio programma" , riempire i treni, pulmann e traghetti senza combinare nulla tranne che garantire consenso a pdci e prc?
chi non ricorda l'assenza del "fronte del no" che pure aveva promesso sfracelli nelle assemblee che hanno preparato il referendum, allo sciopero del sindacalismo di base del 9 novembre?
una lezione dunque per molte persone che ancora vagheggiano di una fiom e di una sinistra cgil combattive, pronte a tornare sul terreno dello scontro di classe, dovranno prima o poi accettare o trarne le conseguenze.
l'alternativa è di che- di sconfitta in sconfitta- tra i lavoratori prevalga la rassegnazione e il senso di ineluttabilità di una china discendente dentro la quale il movimento di classe è costretto da anni.
per parte nostra non ci stiamo e continuamo a pensare che si possa costruire un movimento autorganizzato di lavoratori conflittuale, che recuperi le sue radici di solidarietà reciproca nel mutuo appoggio vissuto in prima persona da noi lavoratori. non abbiamo timore di proclamare la nostra incompatibilità con questo sistema di sfruttamento e di morte sul lavoro nel lavoro.
tratto da "lotta di classe"
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